L’inadempimento dell’obbligo di cura e di assistenza previsto nel contratto di compravendita giustifica la sua risoluzione?

L’inadempimento dell’obbligo di cura e di assistenza previsto nel contratto di compravendita giustifica la sua risoluzione?
15 Marzo 2018: L’inadempimento dell’obbligo di cura e di assistenza previsto nel contratto di compravendita giustifica la sua risoluzione? 15 Marzo 2018

In più occasioni la giurisprudenza si è domandata se l’inadempimento dell’obbligo di cura e di assistenza previsto come clausola nel contratto di compravendita possa portare alla sua risoluzione.

Al quesito ha dato recente risposta la Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4641/18.

Nel caso di specie, una madre aveva venduto alla propria figlia la nuda proprietà di un’abitazione, con annesso il terreno, per il prezzo di euro 87.500,00, prevedendo però in un’apposita clausola un obbligo di cura e di assistenza a carico di quest’ultima ed a proprio favore.

Tuttavia, la figlia si era resa inadempiente rispetto al predetto obbligo.

La madre, pertanto, l’aveva citata in giudizio, chiedendo la risoluzione del contratto di compravendita.

Espletata la fase istruttoria, il Tribunale adito in primo grado accoglieva parzialmente la domanda proposta dalla madre, dichiarando la risoluzione contrattuale e condannando la convenuta al pagamento della spese processuali.

Gli eredi della figlia, nel frattempo deceduta, impugnavano la predetta sentenza avanti la Corte d’Appello di Salerno, sostenendo, in particolare, che le parti, in sede di stipulazione del contratto, non avevano inteso collegare gli effetti del contratto all’esecuzione, da parte della figlia, dell’obbligo di assistenza e cura della madre.

Ciò, infatti, sarebbe emerso con chiarezza da varie circostanze, tra le quali il fatto che il prezzo di vendita (euro 87.500,00) fosse in linea con le quotazioni del mercato immobiliare all’epoca della compravendita.

La Corte territoriale, contrariamente a quanto deciso dal Giudice di prime cure, accoglieva l’impugnazione e rigettava di conseguenza la domanda che era stata proposta dalla madre.

Quest’ultima proponeva quindi ricorso in Cassazione, denunciando che la clausola di cura e di assistenza contenuta nel contratto fosse stata mal interpretata dalla Corte territoriale, costituendo la stessa non già un obbligo morale, bensì una componente del corrispettivo dovuto per la vendita (configurandosi così un’obbligazione giuridica).

I Giudici di Piazza Cavour hanno però confermato la decisione emessa in secondo grado, precisando che la Corte d’Appello aveva invece interpretato e valutato correttamente il contenuto contrattuale, senza vizi logici o giuridici.

Infatti, “dai contenuti della clausola (secondo cui l’acquirente si impegna a prendersi cura della venditrice natural durante) ovvero di altre clausole contrattuali non emergono elementi certi ed inequivocabili che consentono di ritenere che l’obbligazione in discorso, per espressa volontà dei contraenti, sia stata collegata con vincolo di corrispettività alle obbligazioni tipiche del contratto di compravendita, ed, in particolare, che la prestazione di cura ed assistenza della parte venditrice sia stata considerata come componente del corrispettivo dovuto [dalla figlia] per l’acquisto della nuda proprietà”.

Neppure si evince dal tenore dell’atto negoziale che i contraenti abbiano inteso subordinare anche soltanto l’efficacia della compravendita, e, dunque, il trasferimento in capo alla [figlia] della nuda proprietà degli immobili all’adempimento, da parte della stessa acquirente, dell’impegno di prendersi cura e di assistere la [madre] perché possa, quantomeno, configurarsi l’inserimento di una condizione sospensiva nella regolamentazione dei contrapposti interessi delle parti contraenti”.

La Corte di Cassazione ha quindi escluso la sussistenza dell’inadempimento lamentato dalla parte venditrice, non tanto perché lo stesso non fosse grave, quanto “per la ragione assorbente che quell’obbligazione, per volontà delle parti, non era stata prevista quale componente del corrispettivo e non integrava neppure una condizione risolutiva”, così rigettando il ricorso.

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